Tempi veleniferi

2014

Prologo. Tempi differenti si incrociano sul palco, indistinti. È il 7 aprile 1944, la gente del borgo aspetta e prega, attonita di fronte alle mitraglie dei nazisti pronti a punire l’aiuto dato ai partigiani. Simultaneamente, è il 2014: quella stessa comunità si trova sull’orlo di un altro abisso. Vi cadrà dentro, perdendosi, o da lí potrà vedere un’altra profondità, scoprendo visioni di futuri possibili, in lontananza? 

Una comunità in difficoltà come molte altre, tremante similitudine di gruppi ben più grandi. Con una risorsa, però: un tempo sommerso nella memoria promana da questo palco, dalla sua storia. Lo abita e lo rianima, permettendo la parentesi, il respiro di sollievo, la risata ristoratrice. È il tempo indeterminato di un mondo contadino che torna, ancora scintillante di vita nella sua lingua accesa e fedele a un istinto che non si arrende alla fine, perché non vi crede: tutto, per lui, infatti, è un ciclico ritorno. 

Dalla cadenza di una commedia contadina, patrimonio di questa comunità teatrale, giungono allora il riso e la forza necessari a opporsi. Opporsi al veleno che assedia ciascuno da dentro, quello del disinteresse e del disimpegno. Ma opporsi anche a quel veleno montante che prolifica attorno, che circonda, blandisce e persuade… Ecco infatti gli approfittatori della disperazione, gli entusiasti abili di facili soluzioni e assoluzioni, l’astuta schiera di ciarlatani e maghi più o meno aggiornata ai tempi. Sono i dispensatori di speranze e conforti a basso costo, gli allestitori di improbabili alberi della cuccagna. Scaltri sacerdoti che impongono la loro idea di ‘destino’ come divinità insondabile; inutile opporsi, si potrà solo tentare d’imbonirlo, per la gioia e le tasche dei suoi alfieri. Al più, col sollievo apparente dell’assenza di colpe e responsabilità… Come anche di meriti, del resto. 

Da quel tempo contadino arriva però un’altra possibilità: nuove trame da costruire con l’abilità un pò sghemba di un allegro tessitore, del servo, dell’umile garzone che sa di avere poco ma con quel poco poter molto creare. Fino a sognare di raggiungere la sposa tanto desiderata: quel futuro che, forse, si può ancora acchiappare…

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