Gli ultimi anni, visti dal lato fortunato del mondo, possono sembrare talvolta aver avviato una serie di regressioni; alcune più o meno controllate, altre dirompenti e inaspettate… Disordini, scricchiolii e rapide, improvvise catastrofi; orrori che si avverano dalle periferie al centro. Un senso di precarietà quasi apocalittica arieggia attorno, talvolta da qualcuno perfino vissuto con malcelata soddisfazione: “Arriverà il momento, pagheremo dazio, si è tirata troppo la corda…”
Niente di nuovo sotto al Sole, però: al solo affacciarsi nelle vaste praterie del passato, ribollono esempi e tempi in cui la feroce vitalità dell’uomo – e specificamente non di rado del maschio – ha dato già moltissime e altissime prove… Ecco allora lo spunto: la guerra torna ad avvicinarsi, nella sua brutalità solo leggermente imbellettata dalla tecnologia; con essa, si rafforzano ipotesi e timori di un improvviso declino, un salto indietro, un arretramento più che tattico, da certi considerato inevitabile… “Austerità, frugalità, semplicità”, più che virtù potrebbero divenire necessità. Ma dietro alla lunga catena di eventi che ha portato tutto questo, alla fine, c’è sempre una cosa semplice: la nostra capacità di scegliere se ascoltare o iniziare a parlare… Se usare un filo per dividere ancora una parte dall’altra, o usarlo per cucire e tenere assieme… “Ultima chiamata”, dunque. O, forse, chissà…