Sei secoli fa, oggi e domani

1971

Lo spettacolo “Quel 6 aprile del ’44” ha affrontato per la prima volta un argomento della storia locale contemporanea. “Noi di Monticchiello” ha scandagliato la vita quotidiana dei personaggi-attori del borgo senese. Questi i due presupposti che consentono di sviluppare l’esperienza teatrale monticchiellese in chiave autodrammatica.

L’autodramma (la definizione è stata coniata da Giorgio Strehler) consiste nel recupero e nella illustrazione di un personaggio storico del passato che in Monticchiello visse od agì o in una vicenda fortemente radicata nella coscienza popolare e nel rapporto di questo personaggio e di questa vicenda col presente o addirittura nella possibilità della loro utilizzazione in una ipotesi di vita futura. La realtà esistenziale, le ansie, i recuperi e le ricerche di una piccola comunità non arresa alla depressione sociale e morale e tesa ad una sopravvivenza spirituale e materiale che tenga conto dei valori, validi, di passate esperienze e al tempo stesso sia strutturata in una dimensione futuribile.

Ecco la prospettiva in cui si è cercato di considerare un mistico e un movimento del trecento come parametri per una impostazione di vita attuale: il mistico è il Beato Francesco da Monticchiello e il movimento quello dei Gesuati. Si trattò di una protesta non violenta ma neanche silenziosa, né isolata contro il materialismo, il potere e quello che oggi si definisce consumismo, di una oligarchia dominante.

Attraverso una sorta di processo e di reincarnazione in quei mistici e in quella società trecentesca gli interpreti cercano di ritrovare e illuminare quanto di quel movimento e di quei personaggi sia oggi fruibile per una forma non alienata ma consapevole di vita personale e sociale. Nella discussione emergono (e vengono rappresentate) le tentazioni della società industriale ma predomina infine la convinzione che la salvezza si trovi proprio nella coscienze della dimensione dell’uomo, una dimensione rapportata alla natura nella sua ancora possibile originalità.

La gente di Monticchiello, pertanto, si renderà conto dei propri privilegi (la storia, i precursori, l’ambiente, lo spirito comunitario, il senso del futuro) e troverà in questi il conforto di una speranza, se non il riposo di una certezza.

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