Dal 25 luglio al 15 agosto andrà in scena “Il Paese Che Manca”, 49° autodramma del Teatro Povero di Monticchiello: drammaturgia partecipata da un intero paese che si interroga su questioni cruciali per la comunità e in cui, chi guarda, può di riflesso riconoscersi e ritrovarsi. Tradizione sperimentale che ogni anno propone un nuovo testo, lo spettacolo del Teatro Povero di Monticchiello è ideato, discusso e recitato dagli abitanti attori, sotto la guida e per la regia di Andrea Cresti.
Da quasi 50 anni (la prima edizione è del 1967) ogni estate si torna ‘in piazza’, nello splendido borgo della Val d’Orcia.
Lo spettacolo del 2015 prende avvio da una riflessione sull’andarsene: un tempo, anche qui, per fuggire da condizioni difficili, spesso dalla povertà, da una storia di emarginazione sociale e culturale. In cerca di un riscatto. Oggi, perché il paese non offre possibilità, il tessuto sociale si sta sgretolando e le sue macerie lasciano soltanto confusi incubi di dismissioni, disconnessioni, impotenza civile, che inquietano e disorientano. Così, in un piccolo paese di provincia, una comunità si ritrova incerta di fronte a una festa: quella dell’ultimo ventenne rimasto. Compleanno ma forse anche festa d’addio, per un’ennesima partenza cui non si danno alternative. I vecchi, le generazioni precedenti, non hanno questa possibilità: troppo difficile per loro andarsene. Dovranno assistere così allo smantellamento degli ultimi baluardi sociali, di quei connettivi che ancora testimonierebbero la presenza di una società: l’ufficio postale, la scuola, i servizi … Ma cosa significa davvero partire? È una condanna o una possibilità? Una resa o una reazione? Oppure soltanto un gioco del destino? Perché poi, mentre molti partono, tanti altri arrivano: migrazioni da una parte all’altra, mari da attraversare, confini incisi sulla carta e poi sulla pelle. Talvolta uscendone feriti, offesi, costretti alla resa; talaltra, nonostante tutto, trovando una nuova energia che permetterà poi di tornare, lottare, ricostruire, affrontando i propri incubi … E intanto, su tutti regna il ghigno di un misterioso giocattolaio, un po’ matto un po’ santo, in cui ciascuno vede ciò che vuol vedere: paure e inquietudini, attese o speranze.