Il tema della paura viene affrontato dal Teatro Povero di Monticchiello per le costanti del suo impegno e della sua formula: è di un’angosciante attualità e al tempo stesso di un’antica tradizione, connaturato soprattutto in classi sociali che avevano ragioni concrete e fantastiche per sentirsi minacciate e intimorite.
La pubblicistica su questo argomento si è arricchita negli ultimi tempi di studi, trattati, saggi confinanti con la parapsicologia e tutti gli esorcismi necessari a salvarsi, a sconfiggere gli incubi, a dare sicurezza.
Il testo del Teatro Povero di Monticchiello, come al solito, si avvale dei contributi di tutta la gente del piccolo paese: i vecchi hanno attinto ai loro ricordi offrendo una casistica di paure che può interessare il folklore, l’etnologia, l’antropologia; i giovani hanno espresso un immaginario della paura legato alle condizioni odierne di una società inquieta e perplessa, continuamente spaventata.
Su questi contributi la fantasia e la creatività dei monticchiellesi, oramai felicemente disposti a operare in gruppo, coordinati e diretti da Andrea Cresti, hanno costruito una vicenda in due tempi, in cui, come sempre, il recupero del passato e l’invenzione-analisi del presente si alternano e si dividono equamente lo spettacolo.
Dà l’avvio e domina, come nelle più recenti rappresentazioni monticchiellesi, un evento che si configura, anche materialmente e quindi scenograficamente, in un “corso” pieno di mistero e insieme di significati; e si impongono due personaggi in tutti i sensi intriganti: l’ideatore della mostra delle paure e il solito Balzellino.
Ma come sempre l’azione è corale e tutti sono protagonisti.
La magia della piazza, poi, sulla quale Aleardo Paolucci ha, con discrezione e talento, posto il suo impianto scenico, contribuisce a questa trasfigurazione estetica e al tempo stesso esorcistica di un sentimento e stimola l’immaginazione.