La crisi della famiglia contadina inserita nel contesto della crisi della civiltà agricola in Italia e in toscana in particolare è il tema dominante di questo spettacolo che richiama quello dello spopolamento delle campagne, dell’urbanizzazione e delle profonde trasformazioni sociali dell’ultimo ventennio. Con questo spettacolo si precisa definitivamente uno dei punti fondamentali di riferimento degli spettacoli del “Teatro Povero”: il mondo contadino col suo ricchissimo e significativo patrimonio culturale.
Il primo atto è dedicato ad un episodio del ‘700 ricostruito attraverso documenti di archivio e memorie locali: il Conte Borghesi tenta una concentrazione di terre a danno dei piccoli proprietari. Ne nasce un conflitto con implicazioni sociali e di generazioni i cui postumi si ritroveranno, poi, in epoche recenti. Il secondo atto ci mostra la famiglia contadina negli anni trenta dove – anche se l’istituto della mezzadria sembra stabilizzato – si avvertono quei sintomi di inquietudine apparsi prima dell’avvento del fascismo. L’atto vede diluita questa tematica in una vicenda di approcci matrimoniali guidati da un personaggio popolare del mondo contadino toscano.
Nel terzo atto infine ritroviamo la stessa famiglia negli anni ’50, in piena frantumazione: motivi sociali politici, di costume e soprattutto di nuova cultura, disperdono nuclei polifamiliari che abitavano i poderi della Val d’Orcia. Il fenomeno viene accelerato dalle richieste di braccia da parte dell’industria oramai sopraffattrice della agricoltura.
La seconda parte del terzo atto poi si svolge ai giorni nostri e si conclude con l’invito ad un ritorno alla terra come unica alternativa di equilibrio e di rigenerazione.