Dopo la parentesi di Lazzaretti, si torna alla consueta formula dell’autodramma e si affronta quest’anno una problematica dibattuta e sentita nella società in generale e che a Monticchiello ha risvolti particolari: la crisi della coppia.
Già in precedenti lavori si era sfiorato questo tema e particolarmente in “Quelle e queste donne”, inserendolo però in quello più ampio della famiglia contadina.
Ma qui interviene un’ulteriore precisazione nella definizione degli obiettivi degli autodrammi: il mondo contadino viene messo a fuoco anche nei suoi aspetti negativi oltreché in quelli positivi. Tutto ciò aiuta a valutare correttamente una cultura di riferimento senza dubbio ricchissima ed affascinante ma che non deve in nessun modo essere mitizzata.
In “Due” la dialettica della coppia viene considerata nel momento contemporaneo e in quello ritenuto il più significativo ed emblematico della società agricola toscana e cioè il Primo Novecento.
Il raffronto fra i due periodi non si risolve in una condanna del primo e in una esaltazione bucolica del secondo, ma in una analisi serrata e serena di entrambi, con conseguente smitizzazione di quella che generalmente è ritenuta l’età dell’oro della storia familiare contadina.
“Due” non è un’opera a protagonista, ma di carattere sociale e le varie coppie riflettono le sfaccettature di un fenomeno ampio, riportato però alle dimensioni e agli aspetti dell’ambiente monticchiellese.