L’idea guida è stata questa: far esporre ai personaggi-attori i momenti, gli episodi e i problemi della loro vita quotidiana, per poi passare – nei modi di una recita a soggetto (eseguita anche con un pizzico di autoironia) – alla rappresentazione di episodi storici del passato remoto.
La rappresentazione è consistita quindi in uno spaccato di vita familiare e borghigiana, in un approfondimento non elencativo di motivi, problemi, fermenti di una comunità trascurata e pur protesa disperatamente verso la propria sopravvivenza: una comunità civile, attaccata alle proprie tradizioni ma proiettata verso il futuro.
Nel corso della rappresentazione – nel secondo atto in particolare – sono stati inseriti tre rapidi “scorci” di rappresentazioni messe in scena negli anni precedenti e non certo per abbellimento ma per sottolineare come il teatro a Monticchiello sia un modo per far ascoltare, ampliandola al massimo, una voce che non intende in nessun modo tacere.
E a conclusione di questa confessione collettiva gli attori spezzano il pane e lo distribuiscono agli spettatori e mescolano il vino a significare un patto di alleanza e di amore compiendo così un antico rito di comunione e di fratellanza.